L’Arbitro commerciale e civile è quel professionista che si occupa della risoluzione di controversie senza ricorrere ad un procedimento giudiziario in modo tale da risolvere liti sia in materia civile che commerciale. L’arbitro, quindi, svolge il compito di intermediario terzo rispetto alla controversia o più soggetti terzi che formano il cosiddetto collegio arbitrale ,normalmente, formato da tre arbitri di cui due scelti da ciascuna parte e il terzo nominato al di sopra delle parti come ad esempio il Presidente di un tribunale che giudicano la controversia e producono il lodo arbitrale, ovvero la loro pronuncia che contiene la soluzione del caso ritenuta più appropriata.
L’istituto dell’arbitrato è previsto all’interno del Codice di Procedura Civile all’interno degli articoli 806-840 del libro IV, titolo VIII. L’arbitro solitamente ha un profilo abbastanza altolocato e si configurano generalmente come giuristi, docenti universitari e magistrati di chiara fama che sono già competenti tramite validi studi nelle varie materie in cui sono chiamati a decidere. Come è già noto, affidare le proprie controversie presso un Tribunale Civile, normalmente, comporta per le parti in lite attendere svariati anni prima di avere una decisione definitiva da parte del Giudice, mentre, se le parti decidono di affidare la propria controversia ad un arbitrato o ad un collegio arbitrale, potrà decidere in merito alla controversia, invece, in tempi prestabiliti (generalmente tra i 60 e i 120 giorni) e con costi prefissati, il più delle volte inferiori a quelli di un giudizio ordinario. L’arbitro lavora nel processo arbitrale che nasce dalla domanda di arbitrato, ovvero l’atto con cui viene individuato l’oggetto del processo che, normalmente, coincide con l’oggetto del successivo lodo. Una volta che il processo arbitrale ha avuto inizio le parti possono proporre eccezioni relativamente all’interpretazione, alla validità e all’efficacia della convenzione di arbitrato. L’arbitro può essere chiamato a svolgere vari tipi di arbitrato come:
- L’arbitrato rituale, ovvero quanto conformandosi alla volontà delle parti, conduce a una decisione, il lodo rituale, che ha efficacia di sentenza e può essere omologato divenendo titolo esecutivo;
- L’arbitrato irrituale ovvero quando si conduce ad una decisione, il cosiddetto lodo irrituale che ha natura ed efficacia negoziale. Non potrà mai divenire direttamente titolo esecutivo ma potrà essere utilizzato per richiedere un decreto ingiuntivo o come prova documentale nel corso di un giudizio;
- L’arbitrato secondo diritto, ovvero quando gli arbitri per giungere alla decisione devono applicare unicamente le norme di diritto regolatrici della materia;
- L’arbitrato secondo equità, ovvero quando gli arbitri possono deviare dal rigore stesso della norma di legge e riferirsi ad usi o principi di giustizia in senso lato ai suoi elementi e alle sue circostanze;
- L’arbitrato amministrato, ovvero quando le parti richiedono l’intervento di un Ente o un’istituzione preposta alla gestione e al controllo delle varie fasi del procedimento secondo regole contenute nei regolamenti e nei tariffari prefissati;
- L’arbitrato documentale, ovvero quando il procedimento si svolge solo tramite esame di prove documentali e garantisce decisioni arbitrali in tempi rapidissimi. È particolarmente indicato in tutte le controversie di valore moderato in cui le parti rinunciano all’audizione personale, alle prove testimoniali e al dibattimento orale;
- L’arbitrato ad hoc, ovvero quando il procedimento è direttamente disciplinato dalle parti nella loro convenzione arbitrale (clausola compromissoria) o in un atto separato, senza il riferimento ad una istituzione arbitrale.
La decisione che viene intrapresa dall’arbitro o dal collegio arbitrale viene definito lodo arbitrale e avrà stesso valore di sentenza e quindi vincolante per le parti che potranno renderla esecutiva tramite il deposito nella cancelleria del Tribunale e quindi intraprendere le opportune azioni per farla valere. La legge italiana considera quale unico requisito per svolgere il ruolo di arbitro la piena capacità di agire: questo ruolo, infatti, non può essere svolto dai minori, dagli inabilitati, dagli interdetti, dai falliti e da coloro che sono sottoposti a interdizioni dai pubblici uffici. L’arbitro inoltre, deve svolgere il proprio compito in maniera libera e neutrale, non avendo rapporti con le parti o con i loro difensori tali da incidere sul suo lavoro né avere interessi propri connessi alla controversia e, dopo l’accettazione dell’incarico, gli arbitri hanno l’obbligo di non rinunciarvi se non per giustificato motivo e di pronunciare il lodo entro il termine stabilito dalle parti.
Per diventare praticante arbitro è necessario che il candidato consegua la carriera universitaria, intraprendendo il corso di laurea in giurisprudenza e che sia iscritto all’ordine degli avvocati. Per intraprendere la carriera di arbitro unico o collegiale è necessario che il praticante arbitro:
- abbia operato come praticante arbitro in quindici procedimenti arbitrali;
- e/o sia iscritto all’ordine degli avvocati e in più abbia un attestato per aver operato come difensore in almeno dieci procedimenti giunti poi a sentenza;
- e/o abbia operato come arbitro presso altri organismi in almeno cinque procedimenti arbitrali conclusi attraverso lodo arbitrale;
- e/o sia magistrato o giudice di pace.
Per intraprendere la carriera, invece, di Presidente all’interno del collegio arbitrale è necessario che il candidato:
- abbia operato come arbitro unico o collegiale in almeno venticinque procedimenti arbitrali conclusi;
- e/o abbia operato come difensore in almeno trenta procedimenti giunti poi a sentenza;
- e/o i candidati siano professori ordinari in materie giuridiche;
- e/o il candidato svolga già il ruolo di giudice ordinario o giudice di pace.